DOMENICO GIACONIA, NICOSIA E LE SUE LOGGE
- Germinal Controvoce
- 29 giu
- Tempo di lettura: 4 min
Pochi giorni fa, la stampa e le televisioni nazionali e regionali hanno fatto balzare agli onori della cronaca, non proprio positivamente, la nostra cittadina. Le indagini condotte dalla Procura di Caltanissetta per fare luce sul depistaggio sulla strage di Via D’Amelio hanno portato i magistrati nisseni ad indagare sull’attività del magistrato, deceduto 8 anni fa, che all’indomani dell’efferato fatto era a capo della magistratura inquirente di quella stessa Procura. Le deposizioni di alcuni collaboratori di giustizia in altri processi hanno indicato il magistrato in questione, che dalla fine degli anni sessanta fino al 1992 aveva prestato servizio presso il nostro Tribunale, descrivendolo come un importante, se non il più importante, membro di una Loggia massonica “coperta” operante proprio nella Nicosia di quegli anni, con rapporti, non molto chiari, con altre Logge.
Le reazioni della comunità nicosiana alla notizia dell’esistenza di una Loggia massonica sono state alquanto variegate: incredulità, rabbia, rifiuto dell’idea, prese di distanza, silenzi “parlanti”, insomma un coacervo di sentimenti espressi per una vicenda ormai lontana nel tempo e per la quale sarebbe giusto non tentare di celebrare un inutile processo “postumo” per individuare responsabilità che, se casomai affioreranno, sarà compito della magistratura eventualmente perseguire.
Cosa, credo, in questo momento, sia più giusto fare? Riflettere! Per far questo sarebbe, a mio avviso necessario, e me ne scuso, partire da molto lontano.
E’ del 10 novembre 1821 una denuncia al Ripartimento di Polizia Borbonica (a Rivoluzione conclusa) del Canonico Don Giuseppe Piazza contro Don Graziano Cirino (il padre del poeta e magistrato Nicola), Giudice di Circondario appartenente alla setta dei Carbonari, presente e palpitante in quegli anni nella nostra città. Se in una prima fase, tali società segrete, particolarmente numerose in Sicilia, nascono per motivazioni prettamente politiche, in breve tempo esse stesse si slegano da tali approcci iniziando a perseguire finalità, diciamo, “localistiche”.
La setta segreta nicosiana, che tanto segreta non sarà, anche per questioni giudiziarie, ha tra i suoi affiliati giudici e preti: come il canonico Nicola Bonelli, evidentemente di schieramento avverso al “collega” denunciante; ma non solo. Infatti è presumibile che, come nelle analoghe “vendite” (come venivano chiamate in quel tempo) siciliane, vi figurino anche artigiani, professionisti e, financo, popolani. Nel tempo tali “reunion” si consolidano come centri di potere “semi-occulto”, arrivando a condizionare la gestione della cosa pubblica e controllare l’economia urbana e rurale. Si tratta di una borghesia legata sia alle professioni che alla terra e che costituisce l’ossatura portante di queste strutture massonico-carbonare già in quel tempo: di fatto nasce una nuova struttura sociale. L’esistenza di questi clubs “politici”, in molti casi sostituisce o affianca, il potere esecutivo di uno Stato lontano, non solo geograficamente e di questo nuovo “sistema” Nicosia, già capoluogo di distretto borbonico e poi di Circondario, ne è parte integrante insieme a molti altri centri urbani, dal più importante a quello più periferico.
Sessant’anni dopo, nel 1881, negli anni in cui il cavalier Giovanni Cirino è Sindaco (è il nipote del giudice Graziano Cirino carbonaro), la Setta si “trasforma” in Loggia Massonica; nasce la Loggia “Aurora Erbitense”, appartenente al Grand’Oriente d’Italia. Anche in questo caso presumibilmente, i suoi iscritti sono in buona parte appartenenti all’èlite locale, e, come le Sette carbonare, avranno un ruolo importante nella gestione della cosa pubblica. La segretezza non è più una peculiarità. In un numero di una Rivista massonica del 1882, in occasione della commemorazione, tenuta in tutt’Italia, della morte di Garibaldi avvenuta proprio in quell’anno, si legge: “la commemorazione pubblica a Nicosia vide la partecipazione, insieme con le autorità politiche e militari, le scuole e il corpo insegnante, di tutte le associazioni, compresa la loggia con il suo vessillo” (fonte ripresa dallo studio di F. Fonti – Massonerie e religioni civili. 2008. Il Mulino). I Massoni evidentemente non portano nessun cappuccio, certamente sono in grado, anche in questo tempo, di indirizzare e condizionare in qualche modo la vita politico-amministrativa della Nicosia di fine ottocento. Credo che, come in tutte le società, anche nel caso di questi gruppi, numericamente limitati di persone, la sua composizione ripropone, a mò di piccolo phanteon, tutte le possibili variabili censuarie e sociali: dall’illuminato professionista di ideologie liberali, al prete molto avvezzo a questioni materiali e poco legato al “divino”, al piccolo proprietario terriero, all’artigiano di buone possibilità economiche, al magistrato, al nobilotto locale, al parvenu in continua ricerca di un miglioramento sociale (e chi più ne ha più ne metta). Ovvio inoltre che tra queste varie figure che lo compongono possa essere fisiologicamente presente una complessa varietà di “tipi”: l’onesto, il probo, l’altruista, l’idealista, ma anche, l’approfittatore, l’arrivista, il non incensurato. Esattamente così come capiterebbe in qualsiasi altro contesto sociale. E’ una riproposizione in piccolo della umanità tutta. Nulla di più e nulla di meno!
Il “caso” vuole, che dopo un secolo (se non presenti altri “assemblement” precedenti oggi non documentati) un magistrato, che si radica inusualmente (per la categoria professionale di appartenenza) per oltre un ventennio nello stesso Tribunale e quindi nella stessa comunità, fonda o co-fonda una nuova Loggia. Sempre il caso vuole che anch’essa faccia parte del Grand’Oriente d’Italia, come l’ottocentesca “Aurora Erbitense” ma, se si vuole, come la P2-Propaganda 2. E’ segreta? Direi di no. E’ del 2003 uno studio svolto dal già citato studioso Fonti, che elenca, tra le 73 Logge del Gran Oriente d’Italia attive in Sicilia nel 1986, quella nicosiana, unica nella provincia di Enna ( insieme alle 23 di Palermo, a quelle di Agrigento, Gela, Licata etc.) (Massoneria e cultura laica in Sardegna. Viella. 2003). I nicosiani non ne hanno avvertito la presenza? Dipende! E’ certo che in quegli anni solo una persona, poi isolata, ha tentato di “evidenziare” quello status-quo. E’ “coperta”, come i magistrati nisseni la definiscono? Non si ha elemento alcuno per dissertare di ciò. Da chi era composta? Oggi poco importa ma è altamente probabile che la sua composizione, anche in questo caso, sia stata caratterizzata dai “tipi” su accennati. Quel che più importa invece è che, riflettendo appunto, si può pacificamente asserire che la nostra antica città ha avuto storicamente “abitudini” settarie che inevitabilmente hanno influito sulla condotta della “res publica”. E’ proprio su questo aspetto che si dovrebbe a lungo meditare cercando di capire se quelle antiche dinamiche (ciclicamente “riproposte”), abbiano ed hanno contribuito a portare la nostra Nicosia ad essere la comunità che è oggi.
Comments