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FRANCESCO FISCELLA. LA BELLEZZA CI SALVERA: LA NIKE SAMOTRACIA

Nike di Samotracia

Datazione: ca. 200–180 a.C.

Materiale: Marmo pario

Dimensioni: Altezza 245 cm

Attribuzione tradizionale: Pitocrito di Rodi (non confermata)

Provenienza: Santuario dei Grandi Dei, isola di Samotracia

Collocazione attuale: Musée du Louvre, Parigi

Condizione: Mutila della testa e delle braccia, ma con struttura quasi integra e conservazione eccellente delle ali e del corpo


La Nike di Samotracia è molto più di una statua: è un momento eterno scolpito nella pietra, un sentimento cristallizzato nel marmo. Quando ci si trova di fronte a questa figura alata, non si guarda soltanto un capolavoro dell’arte ellenistica: si vive un’emozione che attraversa i secoli, una presenza silenziosa che riesce ancora oggi a parlarci con una voce che non ha bisogno di parole.


Nike, dea della Vittoria, è raffigurata nell’atto solenne di librarsi o di atterrare sulla prua di una nave. Le ali spiegate, il busto proteso in avanti, il corpo che si slancia come sospinto da un vento invisibile: ogni dettaglio suggerisce un dinamismo travolgente. La tunica leggera – il chitone – non si limita a coprire la figura: aderisce, danza, vibra col vento. Il marmo, sotto lo scalpello dell’artista, diventa movimento dell’anima.


L’effetto d’insieme è sorprendente: il panneggio scolpito crea un gioco raffinato di trasparenze e pieghe che esaltano la fisicità della dea, e allo stesso tempo la elevano. Il corpo è presente, vivo, ma anche sfuggente, come se potesse dissolversi un attimo dopo. Non è solo una rappresentazione, ma un’apparizione.


La statua proviene dal Santuario dei Grandi Dei di Samotracia, luogo di culti misterici. Era verosimilmente un ex voto dedicato in seguito a una vittoria navale. Tuttavia, il significato dell’opera supera il dato storico: la Nike diventa simbolo di un trionfo più profondo, non solo esteriore o militare, ma interiore. È la vittoria che si manifesta come forza intima, come coraggio ritrovato, come slancio vitale che appartiene a ogni essere umano ogni volta che affronta una sfida, supera un dolore, riparte.


E in questo sta il suo fascino senza tempo. Chi guarda la Nike non rimane mai indifferente. Si crea un legame emotivo, un dialogo silenzioso ma profondo tra l’opera e lo spettatore.


La Nike di Samotracia non è una figura statica che si limita a rappresentare qualcosa: agisce nello spazio, lo attraversa, lo anima. È un’azione sospesa, un’emozione che prende forma. Davanti a lei, si ha l’impressione di essere testimoni di un arrivo, come se la dea potesse posarsi in quel preciso istante davanti ai nostri occhi.


In questo incontro tra gesto e grazia, tra tecnica e sentimento, l’arte greca ci consegna qualcosa che va oltre la bellezza: ci restituisce un’esperienza umana. Non siamo davanti a un semplice oggetto antico, ma a una scultura che continua a parlarci.


Non ci racconta solo la storia di un popolo o di una battaglia, ma ci invita a riconoscere in lei un’idea più grande e universale: quella forza interiore che ci spinge a resistere, a rialzarci, a volare ancora.

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