Francesco Testa è discendente di un’antica famiglia della nobiltà pisana arrivata in Sicilia nel Quattrocento. Come tante famiglie di mercanti “esteri”, i Testa si erano trasferiti a Nicosia perché compravano grano e vendevano tessuti. Francesco è il figlio maggiore, riceve la prima educazione in casa e poi viene mandato a Palermo per studiare legge presso una scuola privata.
Siamo agli inizi del Settecento e Palermo è una città cantiere, una capitale che sta rinnovando sé stessa. In quegli anni anche gli schemi dell’educazione si evolvono e il giovane Francesco Testa completa la sua educazione come i rampolli dell’aristocrazia europea, con alcuni viaggi nelle principali città italiane. Parte quindi insieme al fratello Alessandro per un viaggio culturale, un grand tour “alla rovescia” dove si risale la penisola da Sud verso Nord. Tornato in Sicilia sceglie di prendere gli ordini ecclesiastici al posto del fratello, rinunciando ai suoi privilegi di primogenito.
Diventa canonico e nel 1748 assume la prima carica importante con la nomina a Vescovo di Siracusa, incarico che ricoprirà fino al 1754. La cura che già allora pone alle sue prime committenze artistico-architettoniche e l’attenzione con cui rendiconta le spese dei cantieri è la stessa che ritroveremo, qualche anno più tardi, a Monreale.
Monreale è la più ricca delle diocesi siciliane, nel 1768 l'economista Arnolfini valuta che la rendita dell'arcivescovo ammonti a 70 mila ducati, de quali netti gli rimarranno 40 mila: è una piccola città feudo del vescovo, una città-convento tutta organizzata attorno alle ventidue chiese, ai monasteri, ai conservatori delle vergini, alle congregazioni.
L'Arcivescovo Testa è fra i protagonisti della storia siciliana del XVIII secolo, un riformatore che agisce seguendo due stelle polari: le prerogative della nazione e la gloria di Dio, da coniugare assieme perchè impensabile risulterebbe la loro divisione. Il ripudio della filosofia scolastica e la rinomanza raggiunta dal seminario non esauriscono le sue multiformi capacità di intervento.
Come Inquisitore Generale per il regno di Sicilia e capo del Braccio ecclesiastico del Parlamento Francesco testa contribuisce a definire il clima culturale del suo tempo, fatto di proibizionismo, lotta al laicismo e all'illuminismo, alla scienza. Sin dall’inizio del suo insediamento, l’arcivescovo si muove per riuscire a costruire a Monreale un vero e proprio piccolo "Stato teocratico".
Nei quasi vent'anni in cui governa la ricca diocesi - dove agisce come Abate e Signore, cambia il volto della cittadina.
La santità dei costumi, il decoro civile, la preghiera e una moderata attenzione per quanto avviene nel vasto mondo sono i valori che ne improntano la multiforme attività riformatrice; il disciplinamento dei corpi e delle anime, non solo nella cittadina di Monreale ma anche nel territorio.
L'arcivescovo desidera proporre a tutto il Regno, Monreale come esempio, un modello di virtù religiosa, un vero e proprio piccolo Stato teocratico che contrappone "naturalmente" a quello di virtù civile elaborato dall'Illuminismo.
Monreale è la vera e propria sua scommessa , e lì che cerca di concretizzare la sua idea di società, dove affermare con forza il primato della religione sulla scienza e il laicismo che in quegli anni penetrava il tessuto sociale con sempre più forza.
Ed è in questa logica che affianca all’attività di committente urbanistico-architettonico che è l’aspetto più immediatamente visibile, un riformismo globale teso a tracciare la “via siciliana” per la modernità, che si configura come un progetto di rifondazione religiosa del Regno.
Il primo obiettivo è l’educazione del popolo alla morale cristiana, da raggiungere attraverso la formazione dei sacerdoti destinati a guidarlo: da arcivescovo-inquisitore Testa esalta il valore della figura sacerdotale che dev’essere rigorista, senza cedimenti.
L’arcivescovo-sommo inquisitore controlla l’Inquisizione e la confessione, i due principali strumenti di intervento sulle coscienze, e nel giugno 1755, in occasione della prima visita pastorale, emana un minuzioso editto che richiamandosi al dettato del Concilio di Trento disciplina i comportamenti del clero. A Monreale, la vita dei quasi novemila abitanti è organizzata attorno alle 22 chiese, ai monasteri, ai conservatori delle vergini e alle congregazioni: In 20 anni fa di Monreale una propria città-convento
Rifiuta con forza il laicismo e l’illuminismo.
Alle iniziative messe in campo per educare il popolo alla morale cristiana si affianca, come ho già scritto precedentemente, una notevole attività urbanistica e architettonica che mons. Testa compie in gran parte con il suo patrimonio personale: sposta due delle porte urbane per includere i nuovi insediamenti, allarga e albera la via principale, porta l'acqua nella parte alta di un paese tutto in salita e costruisce un canale in muratura per consegnare altre acque ai giardinieri di Palermo.
L'iniziativa più impegnativa è la costruzione della via-monumento decorata da artistiche fontane, creata per facilitare i collegamenti con la capitale e tutta pensata sotto il segno della bellezza e perché pensava sopratutto che Monreale con tutti i suoi abitanti erano cosa sua.
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