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Amelia Crisantino

FRANCESCO TESTA Inquisitore Generale per il Regno di Sicilia



L’esigenza di disciplinamento morale è presente in ogni iniziativa di Francesco Testa, che si associa ad altri nobili-vescovi nelle diocesi di Girgenti, Cefalù, Siracusa e Catania per chiedere al viceré Fogliani di continuare a esercitare la giurisdizione sui laici: la giurisdizione vescovile sospesa nel 1749 viene quindi ripristinata nel 1760 per i reati di adulterio, concubinato, incesto, stupro, coabitazione di sposi promessi e “profanazione delle feste”. Gli editti dell’arcivescovo-inquisitore si rivolgono al clero e al popolo con lo stesso tono paternamente severo, e grande importanza riveste l’educazione dei fanciulli. Nei quartieri di Monreale l’arcivescovo fonda delle Congregazioni che dovranno fungere da modello per le città della diocesi; il testo da seguire è pubblicato nel 1764 dallo stesso arcivescovo, col titolo Elementi della dottrina cristiana esposti in lingua siciliana ad uso della diocesi di Monreale. La carica di Inquisitore Generale ha un utilizzo “politico” nel 1758, quando il fronte tradizionalista la adopera per condannare un libro pubblicato dal marchese Tommaso Natale, “giovane ardito” e massone che in versi accattivanti accompagnati da ricca simbologia divulga la filosofia di Leibnitz. I gesuiti chiamano in aiuto l’Inquisizione accusando l’aurore di deridere le “cose sante” e il Sommo Inquisitore Francesco Testa si pronuncia, ma assieme a Tommaso Natale risultano condannati anche Leibnitz e la filosofia moderna. La condanna accresce la curiosità e ne segue un rinsaldarsi del fronte antigesuitico, che si permette sfide aperte: a Palermo, lo stesso giorno in cui viene pubblicato il verdetto dell’Inquisizione, i padri benedettini difendono la filosofia di Leibinitz in una pubblica assemblea. Gli “audaci novatori” usano l’arma dell’ironia per mettere in ridicolo le teorie di Vincenzo Miceli e sulla sua ortodossia mistica fioriscono le satire, impossibili da fermare nonostante i dardi ormai innocui dell’Inquisizione. Intanto a Monreale, nel maggio 1772, l’ultimo dibattito pubblico diventa una sfida tra le due scuole del Seminario. Una volta inviate a Palermo per essere pubblicate, le tesi sostenute dagli allievi di Miceli sono respinte dal benedettino Giovanni Evangelista Di Blasi – revisore ecclesiastico e collaboratore di Isidoro Bianchi – come “infette di pelagiana eresia”. Testa sottopone le proposizioni incriminate all’esame di tre teologi che le assolvono, quindi le invia a Roma e nello stesso 1772 vengono pubblicate. Ma qualcuno ha nel frattempo denunciato al romano Sant’Uffizio alcuni scritti di Isidoro Bianchi che troppo sapevano di giansenismo; il camaldolese viene quindi invitato a comparire dinanzi a quel Tribunale per difendersi dall’accusa di materialismo e regalismo: le due scuole rivali del Seminario, entrambe protette dall’arcivescovo-inquisitore generale, compaiono da imputate dinanzi al Tribunale romano. Per Francesco Testa è arrivato il momento delle scelte. Ma dopo una breve malattia l’arcivescovo muore il 17 marzo 1773 e l’unica commemorazione rimasta è di Isidoro Bianchi, che sulle fiorentino «Novelle letterarie» scrive “io avevo un padre, un mecenate e un amico insieme, io l’ho stimato ed amato all’estremo, e l’amo ancora di più da che l’ho perduto”.

Riferimenti bibliografici

  • Biagio Caruso, Notizie riguardanti la storia letteraria del Seminario di Monreale, ora per la prima volta pubblicate da Vincenzo Di Giovanni, tip. P. Montaina & compagni, Palermo 1878.

  • Giuseppe Di Fazio, Vescovi riformatori e cristianizzazione della società nella Sicilia del Settecento, «Synaxis», II, (1984), pp. 447-472.

  • Giuseppe Giarrizzo, Cultura e economia nella Sicilia del ‘700, Sciascia editore, Caltanissetta-Roma 1992;

  • Giuseppe Giarrizzo, Illuminismo e religione: l'Italia religiosa alla fine del Settecento, in Storia dell'Italia religiosa, II, L'età moderna, Laterza, Bari 1994, pp. 487-521.

  • Lucrezia Lorenzini, Luigi La Rosa, Catechismi e cultura nella Sicilia del Settecento, Soveria Mannelli, 1995.

  • Gaetano Millunzi, Storia del Seminario arcivescovile di Monreale, tip. S. Bernardino, Siena 1895;

  • Antonino Mongitore, Nuovi fervori della città di Palermo e della Sicilia in ossequio all’Immacolata Concezione, presso Felicella, Palermo 1742.

  • Domenico Scinà, Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo, Edizioni della Regione siciliana, 3 voll., Palermo 1969 (1ª ed. Palermo 1824-1827).

  • Vittorio Sciuti Russi, Riformismo settecentesco e Inquisizione siciliana, «Rivista storica italiana», CXV, 2003, fasc. I°, pp. 112-148.

  • Secondo Sinesio, De vita, scriptis rebusque gestis Francisci Testae, in primum syracusani, deinde monregalensis pontificis, ex tipographia don Fr. Mariae Pileii, Syracusis 1774.

  • De testana inclita familia, ex tipographia don Fr. Mariae Pileii, Syracusis 1781.

  • Francesco Testa, Capitula Regni Siciliae quae ad hodiernum diem lata sunt, excudebat A. Felicella, Panormi 1741.

  • Francesco Testa, Brevi ragionamenti in volgar lingua sovra la dignità, ed obblighji dello stato ecclesiastico. Per uso degli Ecclesiastici che fanno gli esercizi spirituali, ed in particolare di quei che sono tenuti alla celebrazione de’ Divini Officj in Coro, nella stamperia di Fr. Valenza, Palermo 1743.

  • Francesco Testa, Ne' funerali di Antonino Mongitore, canonico della metropolitana chiesa di Palermo. Orazione detta nell'istessa chiesa metropolitana dal canonico Francesco Testa, alla presenza dell'eccellentissimo senato, dalla stamperia di Fr. Valenza, Palermo 1743.

  • Francesco Testa, Relazione istorica della peste che attaccossi a Messina nell'anno 1743, coll'aggiunta degli ordini, editti, istruzioni e altri atti pubblici fatti in occasione della medesima, Palermo 1745.

  • Francesco Testa, Elogio di Federico di Napoli principe di Resuttano, recitato nell'Accademia degli Ereini nell'anno 1755 e per la prima volta pubblicato da Benedetto Saverio Terzo, Palermo 1832.

  • Franco Venturi, Bianchi, Isidoro, in DBI, 10 (1968).

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