
È il 26 gennaio 1960 quando Giannola viene freddato durante un’udienza civile in un’aula del tribunale di Nicosia di cui è presidente. Un medico di Cerami, paese in provincia di Enna, entra con una pistola e spara mirando alla giugulare del magistrato.
Il colpo non lascia scampo. «Ho ucciso la giustizia», grida dopo aver premuto il grilletto. Le indagini sono rapide e in poco tempo gli inquirenti stabiliscono che il killer è un esaltato paranoico incapace di intendere e di volere. Un anno dopo, la Corte d’Appello di Caltanissetta dichiara il «non luogo a procedere» nei confronti dell’omicida per «totale infermità mentale»
L’assassinio lascia attonite le istituzioni. A Nicosia e a Palermo, nella chiesa di San Matteo, in tanti rendono omaggio a Giannola durante i suoi funerali: da Roma arriva il solito corteo di magistrati, ministri e forze dell’ordine.
Poi il buio totale, il blackout della memoria. Il nome di Giannola sparisce per oltre cinquant’anni. «Il nome di nostro padre non è mai apparso nell'elenco dei magistrati uccisi, per troppo tempo è stato dimenticato.
Solo nel dicembre 2018 il nome di Giannola viene inserito dal Csm nell’elenco delle “Rose spezzate” che racchiude i nomi di tutti i magistrati caduti nell’esercizio delle loro funzioni.
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