DOMENICO GIACONIA: "NICOSIA.LENTO DECLINO O RINASCITA?"
- Germinal Controvoce
- 24 set
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NICOSIA. LENTO DECLINO O RINASCITA?
Il governo italiano, nel luglio scorso, in un suo documento programmatico (Piano Strategico Nazionale delle Aree interne 2021-2027), ha dichiarato ufficialmente la morte, per eutanasia, di tutti i centri abitati delle aree interne, in special modo quelli del meridione. In una parte di questo inverecondo “Piano Strategico” si legge: “…Queste Aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita”.
Tredici milioni di persone, un quinto della popolazione italiana, verranno gentilmente messi “a riposo” con una terapia per malati terminali e costretti ad una anticipata morte civile; per i giovani si ufficializzerà , una volta per tutte, il loro trasferimento coatto definitivo in altri lidi e per gli anziani si prospetterà una regressione in termini di servizi e di diritti offerti loro, autorizzata per legge.
Mi chiedo come reagiranno le comunità locali, come la nostra, a questa condanna senza appello. Quali azioni intraprenderanno i politici indigeni per evitare con tutte le forze quanto si è deciso dall’alto; se questi stessi amministratori locali, tra una saga ed un selfie con una ritrovata e “bendata” opera d’arte, trovino il tempo per interloquire con il “generoso” governo regionale (finanziatore delle stesse saghe), distrattore di masse, per reagire a questa condanna definitiva all’estinzione emanata dai loro sodali di partito (più partiti in verità) del governo nazionale. Mi chiedo ancora se la comunità ed i suoi rappresentanti politici abbiano una chiara consapevolezza di quanto stia avvenendo e abbiano contezza di cosa succederà alle nostre comunità già fra qualche anno.
La nostra è sempre stata una storia di “periferia”. Nonostante, nei secoli, la città fosse una realtà urbana importante e non interessata da fenomeni di denatalità, essa ha sempre subito la sua mentalità retrograda, mai proiettata verso visioni che andavano più in là degli interessi di pochi a scapito di molti. Da quando esistono le statistiche dell’emigrazione, essa si è contraddistinta per un altissimo tasso migratorio, il più alto della propria area geografica di riferimento sin dal 1876 e fino agli anni ‘70 dello scorso secolo. Dal “paese” sono emigrati decine di migliaia di persone e tra essi centinaia di “cervelli” che hanno potuto esprimere le loro qualità solo lontano da questa terra matrigna. E se Sabato scorso, la comunità nicosiana, ha, sia pur meritoriamente, conferito la cittadinanza onoraria ad un sincero ed emozionato giovane uomo, Fabio Luigi Rizzo, in arte Marracash, ma, con tale “gesto” ha di fatto sublimato e conclamato, quasi senza accorgersene, tale triste primato con un inconsapevole e silente accettazione del fatto che: “solo emigrando si ha successo”; accompagnando tale effluvio di sentimenti, con un’ostentazione “social” forse eccessiva fatta di foto, selfie e via (social) dicendo.
La città, viva, florida, laboriosa che ho conosciuto nella mia adolescenza e giovinezza non esiste più. Oggi si è ha ceduto il passo ad una “modernizzazione” che la costringe a vivere nelle sue parti periferiche lasciando il suo antico cuore, prima pulsante, preda di un inutile, financo dannoso, asfissiante e caotico traffico veicolare. Quelle antiche (chiuse) dimore, quella splendida piazza e quegli angoli caratteristici di città vissuti, fino a ieri, da una comunità dinamica, fanno oggi solo da “quinta” inerme ad un palcoscenico frequentato da solitari indigeni alla guida di ingombranti vetture, di tristi e disorientati ragazzi impegnati a strombazzare con sguscianti veicoli a due ruote, da pochi passanti locali e da solitari e coraggiosi “turisti”.
Nessuno vede che, proprio queste antiche testimonianze, materiali ed immateriali con una loro “INTELLIGENTE” e non superficiale valorizzazione, potrebbero in qualche modo rallentare questa lunga agonia alla quale si è, per legge, destinati?!
Non lo si è mai fatto del resto! I politici odierni sono solo gli epigoni di quelli passati. Oggi, però si è chiamati a non “morire” prima del tempo, a reagire in qualche modo, anche guardando, secondo me, le “antiche cose” come vera risorsa in un contesto più ampio di valorizzazione territoriale, necessariamente fra limitrofe comunità.
Nell’ottobre del 1911 viene pubblicato nel settimanale locale “Eco dei Monti” uno splendido articolo dal titolo “Se ci si conoscessimo?”. L’autore, che si firma con lo pseudonimo di “Quisquis“ letteralmente “chiunque” (di non difficile individuazione), scrive dopo qualche mese dalla visita di un giovane ingegnere tedesco, Walter Leopold, che giunge in città, tra il gennaio ed il febbraio di quell’anno. Il Leopold viene a studiare e rilevare alcune splendide testimonianze architettoniche dell’importante città che era stata Nicosia nell’epoca medievale; con sapienza ed eleganza letteraria, “Quisquis” verga una memorabile autocritica nei riguardi della mancanza di consapevolezza del proprio passato e della propria storia, che di seguito riporto testualmente: “[...] Quale dolce e nobile desio lo spingeva nella sua peregrinazione? Non certamente la brama di un clima più caldo del tedesco, perchè, quando incominciano a spirare le prime aure invernali, anche i nostri paesi sono freddi! No! E gli veniva in mezzo a noi, per studiare i nostri antichi monumenti! ed infatti lo vedemmo spesso arrampicarsi per i merli e le mensole della torre della Cattedrale, come una rondine alle grondaie, e prendere misure, rilevare disegni, fare fotografie [...] In verità, la cosa ci destò un po’ di meraviglia! Sapevamo che la torre della Cattedrale, la porta occidentale ed il portico della stessa, la porta della sconquassata chiesiuola di S. Francesco, quella di S. Benedetto, e qualche altro logoro avanzo architettonico che si trova qua e la, avessero una certa importanza artistica. Ma, via, non sapevamo in che cosa veramente consistesse tale importanza e, ad ogni modo, non credevamo che essa fosse tale che valesse proprio la pena di farne oggetto di un vero studio, e molto meno la pena di fare un lungo viaggio fin dal fondo dalla Germania! E perciò la venuta in mezzo a noi di quel giovane studioso tedesco - il quale così coraggiosamente sfidava stenti e dispendii - se da un canto ci inorgoglì, dall’altro ci umiliò, perchè era una prova del come noi incominciamo dallo sconoscere ... i nostri monumenti, che pure segnano una pagina gloriosa nella storia universale dell’arte, e che gli stranieri vengono ad ammirare di presenza, a rilevare e a spiegare a noi stessi, poveri ignari! [...]”
“Ignorare” è stata sempre la nostra mancanza. Perseverare nell’ignoranza è diventata un’aggravante. Siamo ancora in tempo per far sì che la nostra Storia possa aiutarci a lenire questa lenta agonia? Forse si! Forse no!
La seconda foto ritrae "la porta della sconquassata chiesiuola di S. Francesco".
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