Se la Storia fosse un paio di occhiali, diremmo adesso che le sue lenti si sono rotte perché ti fanno vedere solo gli errori del passato e non quelli del presente. Il massacro di un popolo, dei suoi bambini, si compie sotto gli occhi del mondo e il mondo tace, si volta dall' altra parte, fa sofismi e distinguo. E non serve a nulla che l'opinione pubblica del pianeta si rivolti contro, organizzi manifestazioni e faccia sentire la sua voce: il massacro continua. Intanto lo sterminio deve perpetrarsi a telecamere spente perché nulla si veda dell' orrore. L' igiene social, prima di tutto. È la frontiera del nuovo corso, bellezza. Se un evento non lo fanno raccontare e tu non lo puoi vedere, quell'evento non c'è.
Facile, no?
Facile.
Giusto, no?
Per niente.
Ma continuiamo. Ci assale il sospetto che quegli occhiali siano inutili. Insistiamo a tenerli. Ma nulla, non servono. E che mai più si dica che la Storia è memoria. Un sapere inutile, doloroso è la memoria. Ecco, la parola memoria, in queste ore, nel mondo, è la parola più insensata che esista. È una sequenza di lettere a cui è stato strappato il significato. È il contrappasso che le spetta dopo avere provato a innescare sentimenti di umanità. Memoria, facoltà dell' intelletto che serve a recuperare gli elementi del passato. Ripeto meccanicamente il senso di un'idea che non esiste più, che è stata sconfitta, al pari dell'idea di Dio, di Giustizia, di compassione, di umanità.
Tornando agli occhiali: sarebbero da buttare perché non ci fanno vedere affatto l' ora più buia. 'Sti occhiali devono avere qualche problema di messa a fuoco.
E tutte le giornate della Memoria, vi prego, ritiratele dai programmi di governi e ministeri. Coerenza per coerenza. Siamo capaci solo di stare in silenzio, quando ci sarebbe da gridare. Ve la ricordate la domanda ricorrente che formulavamo, sbigottiti, davanti alle slide dei campi di concentramento proiettate sulle nostre Lim? Come hanno fatto gli europei ad accettare che a poche decine o centinaia di chilometri ardessero a pieno ritmo i forni crematori che incenerivano ebrei, rom, comunisti, omosessuali? Questo dicevamo ai nostri ragazzi, ricordate? Ora abbiamo la risposta: con la stessa fredda indifferenza, con l' alzata di spalle tipica dell' ignavo, del connivente, dell' impiegato all'ufficio della banalità del male, con cui oggi il mondo accetta che il governo di Is*#ele, sostenuto dalla metà dei paesi cosiddetti civili, abbia spalancato le porte del lager G**a, gettandovi dentro un popolo e i suoi figli.
Mai più Auschwitz, si diceva. Ora cosa dovremo dire? Cosa?
COSA?
Forse che la Storia è cieca, procede a tentoni: se non nasci minoranza, già qualche chance ce l' hai, se nasci povero in un paese ricco avrai la facoltà di smanettare sui social credendoti libero, avrai facoltà di indebitarti e ingozzarti di junk food, mentre altri decidono per te. Poco altro. Polli da batteria.
Schiaccio sotto la scarpa qualche frammento di vetro dei miei inutili occhiali. C'è solo da piangere. Distinguerò sempre il criminale governo reazionario dell' attuale I#r*ele rispetto ai tanti ebrei perbene che non vogliono tutto questo, che piangono per i palestinesi come se fossero figli loro. Voglio credere che ci siano, che siano in tanti, che non la pensino come l'ex ambasciatore intervistato qualche sera fa su una rete italiana, che, saltando a piè pari la distinzione fra terroristi e popolazione civile, vuole vedere lo sterminio di un popolo. E si incazzava pure, con uno sguardo disumano, con la giornalista che si è subito dissociata dalle sue parole.
Ma basta, la verità è una.
Ciechi siamo e pure muti. E complici.
Brutta parte quella dei complici, nessuno la vuole, eppure qualcuno ce l'ha assegnata.
Un gioco delle parti perfetto, crudele e insensato.
E cieco.
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