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Immagine del redattoreGabriella Grasso

Gli amici di Matteo

Il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia, con l'arresto di Matteo Messina Denaro, ha scoperto l'esistenza della borghesia mafiosa. L'espressione "borghesia mafiosa" è stata coniata negli anni '70 e ci hanno intitolato libri come "Borghesia mafiosa di Mario Casaburi, saggi e articoli. La borghesia mafiosa esisteva prima di Messina Denaro e probabilmente senza la latitanza di Messina Denaro non sarebbe stata possibile . «Certamente indagheremo su chi lo ha protetto consentendogli praticamente indisturbato, fino a lunedì, di curarsi in una delle strutture mediche più note di Palermo, indagheremo per capire chi gli ha consentito il tenore di vita agiato che ha condotto e lavoreremo per ricostruite l’intera sua latitanza». Sappia il procuratore De Lucia che della borghesia mafiosa faceva parte anche l'ex senatore di Forza Italia,

Antonio D'Alì. L'ex senatore, condannato lo scorso dicembre, nei suoi 24 anni da senatore e 5 da sottosegretario al ministero degli Interni ha “contribuito al sostegno e al rafforzamento di Cosa Nostra, mettendo a disposizione dei boss le proprie risorse economiche, e, successivamente, il proprio ruolo istituzionale di senatore della Repubblica e di sottosegretario di Stato”. D'Alì è stato compagno di partito di Schifani, attuale presidente della Regione siciliana, che a sua volta è coinvolto insieme a altri esponenti politici fra cui l'ex governatore Lombardo, ex assessori regionali, imprenditori e rappresentanti delle forze dell'ordine, nel processo Montante: l'ex campione dell'antimafia siciliana. De Lucia farebbe meglio, forse, a cercare chi fra le forze dell'ordine, i politici, i professionisti della sanità, dell'industria e della società civile, non ha aiutato il noto latitante a latitare impunemente.


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