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NICOSIA COME ROMA LE CAMPAGNE ELETTORALI DI OGGI COME QUELLE DI IERI



Anche la nostra cittadina si avvia a passo svelto verso la nuova campagna elettorale per le amministrative.

Tanti sono i papabili candidati e tanti sono gia`gli accordi consolidati tra alcuni componenti di partiti politici che teoricamente dovrebbero essere agli antipodi ma che nei fatti sono già pronti per un abbraccio che guarda al proprio orticello e non ai valori e alla storia da cui dicono di appartenere.


Una pochezza politica condita da tanta confusione.

Ed e` chiaro che in una situazione di questi tipo chi ne “ gode” sono i notabili dei partiti, gente che e lì da oltre 30 anni, che pensa che gli elettori sono un bancomat, che gli frega poco del bene comune ma che ha come priorità il potere o il micro potere ( ricevere o poter fare qualche piccolo favore a qualche cittadino in difficoltà e dopo però aver trasformato un suo diritto in una cortesia…).


E sì sembra proprio così, come ai vecchi tempi, i tempi della Democrazia Cristiana o se vogliamo andare più indietro , come ai tempi dei ROMANI.


Come gestiva le campagne elettorali la DC, lo ricordiamo un po' tutti, almeno noi cittadini elettori maturi, ed è per questo che in questo articolo voglio tentare di raccontare come si svolgevano le campagne elettorali e come si comportavano i candidati nell'antica Roma.


In quel periodo, e mi riferisco al periodo repubblicano, tutte le cariche pubbliche (honores) erano elettive e avevano durata annuale, tranne in pochi casi (i censori, ad esempio, rimanevano in carica 5 anni).

La popolazione di Roma, quindi, viveva in un clima di perenne “campagna elettorale”.


Avevano diritto di voto tutti i cittadini romani maschi senza distinzione di censo o di condizione sociale; partecipavano inoltre alle elezioni dei magistrati anche i cittadini di alcuni municipi che, pur non essendo cives Romani optimo iure, cioè cittadini romani a pieno titolo, godevano tuttavia dello ius suffragi, cioè del diritto di voto.


Le elezioni si svolgevano nell’ambito dell’assemblea a cui spettava il diritto di eleggere un determinato magistrato: i magistrati maggiori (consoli, censori, pretori) venivano eletti nei comizi centuriati, i tribuni della plebe, gli edili e i questori, invece, nei comizi tributi; al senato infine spettava l’elezione del dittatore. 


Il voto (suffragium), nell’epoca più antica, era palese, successivamente divenne segreto: comunque non vinceva il candidato che aveva ricevuto il maggior numero di voti individuali, ma quello che riusciva ad aggiudicarsi la maggioranza delle centurie o delle tribù, un po' come accade attualmente negli Stati Uniti.


La campagna elettorale era detta ambitus, dal verbo ambio che significa propriamente «andare intorno», con riferimento ai “giri” elettorali che il candidato doveva fare ogni giorno per farsi conoscere e sollecitare il voto dei suoi concittadini, in cambio di promesse di favori: il tutto si svolgeva con una tecnica ben collaudata: l’aspirante a una carica pubblica (petitor), dopo aver depositato ritualmente la sua candidatura, indossava come segno distintivo la toga candida (per questo veniva chiamato candidatus) e si aggirava nei luoghi più frequentati di Roma (il foro, le terme, i mercati…) per “agganciare” e blandire i potenziali elettori (questa operazione si chiamava prensatio, che propriamente significa «stretta di mano»); nel suo girovagare era accompagnato dal maggior seguito possibile di clientes e di amici importanti, e soprattutto, accanto a lui c’era sempre un nomenclator, cioè un segretario che gli suggeriva tempestivamente il nome delle persone che incontrava. 


In questo modo il candidatus poteva chiamarle per nome e creare così l’atmosfera familiare di un incontro con un vecchio amico al quale chiedere il favore di un voto, promettendo in cambio di ricordarsi di lui in caso di vittoria.


Uguale uguale ad oggi, festicciole, apparenze, basa basa, passerelle e qualche “, vediamo che si può fare”...


Fonte: Elezioni e campagne elettorali

di Anna Flocchini e Piera Bacci 

Ed Rizzoli

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