Sabato 9 dicembre, in quel di Nicosia, a conclusione del convegno sulle lotte sindacali è stata celebrata Rosa Balistreri. Giusy Schillirò ha cuntato e cantato Rosa e ha ricordato quella volta che Rosa disse NO a Coppola. Il regista del Padrino aveva osato accompagnare "Vitti Na Crozza " con l'allegro refrain. "Tu nun capisci nenti" disse Rosa. Coppola non aveva capito che cantare "Vitti na Crozza" è un gesto politico e usare il "tralallallero" per vivacizzare il ritornello è una bestemmia. La serata si è conclusa con il grido "W l'Italia antifascista" com'è d'obbligo per chiunque si professi tale.
Vitti na crozza è una preghiera laica. E' la supplica di un teschio al passante. Il teschio che si trova sopra la bocca della miniera è quello di uno zolfataro, morto per l'esplosione del grisù e sepolto nelle viscere della terra senza alcuna croce. A indurre in inganno è “cannuni”, che, secondo una autorevole interpretazione, sarebbe la corruzione di “cantuni”, termine che, nel dialetto siciliano del centro Sicilia, è la porta, l’ingresso della zolfara. Vitti na crozza non è una canzone allegra, ne scrive nella "Messa Negata" la cantautrice Sara Favarò. I minatori, fino agli anni cinquanta del Novecento, non potevano avere, secondo un uso della Chiesa cattolica, né la messa da morto quando perdevano la vita in disgrazia dentro il ventre della terra, né tantomeno l’onore del rintocco delle campane. Nel 1944 a Lercara Friddi (Palermo) ci fu uno scoppio in cui persero la vita undici minatori, nove erano carusi. I minatori costrinsero il prete del luogo, don Aglialoro, a benedire i resti dei morti. Don Aglialoro benedisse quei morti senza nome e fece suonare le campane . Vitti na crozza è stata scritta da Franco Li Causi, su richiesta di Pietro Germi, che volle il ritornello non comprendendo il significato del testo, nato dall'incontro di un vecchio e Li Causi.
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