DOMENICO GIACONIA NICOSIA E I SUOI MAGISTRATI
- Germinal Controvoce
- 4 ago
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Nicosia , antica Città demaniale, come tutte le realtà urbane di amministrazione regia, fin dai tempi di Federico II di Svevia, ha avuto bisogno di “nutrire” molti suoi figli alla scienza del diritto. Per sei secoli, ha dato i natali a frotte di giuristi, di “doctor utriusque juris”, di dottori nell’una e nell’altra legge, funzionali alle esigenze della cura delle anime e del governo delle cose terrene. Per quest’ultime, Giuristi, principi del foro, funzionari regi, persino legulei e financo giudici civili e penali sono stati continuamente espressi dalla linfa della genia di molte famiglie nicosiane, a volte anche non titolate.
Tra loro, i Magistrati, rappresentanti della funzione giurisdizionale, scelti tra i più capaci e preparati provenienti quasi esclusivamente dal notabilato locale, espletavano il loro incarico all’interno delle mura cittadine e poi del Circondario. Dal settecento in poi le cose cambiano, perché alcuni tra i più illuminati giureconsulti nicosiani, per via di un corpus normativo più “evoluto”, travalicano i limiti geografici della propria patria, ed avranno modo di mostrare le loro grandi doti giuridiche fuori dai limiti territoriali urbani: Alessandro Testa è Giudice del Concistoro e poi della Gran Corte civile a Palermo nella metà del settecento (foto); suo allievo è un altro illustre nicosiano, Diego Ansaldi, Giudice della Corte pretoriana nella stessa capitale, così come Niccolò Aceto che ricoprirà lo stesso incarico nella seconda metà dello stesso secolo.
Con la proclamazione del Regno delle Due Sicilie, Nicosia, ora capoluogo di Distretto, ha modo di esprimere la sua tradizione giuridica con due alti rappresentanti della Giustizia civile e penale: i fratelli Nicola e Pietro Cirino. “Figli d’arte” per così dire, il padre, Graziano è Giudice di Circondario e Carbonaro nei Moti del 1820. Il primogenito Nicola (foto) è Giudice a Potenza e poi a Trani; all’indomani dei moti del ’48 il re Ferdinando II di Borbone lo promuove al ruolo di Regio Procuratore a Girgenti e poi a Palermo; fine poeta foscoliano e protagonista, suo malgrado, di un racconto di Leonardo Sciascia; il suo feretro è tumulato a Palermo nella Chiesa di San Domenico, nel pantheon degli uomini illustri della Sicilia. Il fratello minore Pietro, è, in quegli stessi anni, Giudice della Gran Corte Civile e di quella Criminale a Palermo, poi promosso Consigliere della Corte Suprema di Giustizia, carica confermata per diretta volontà di Garibaldi nel 1860 con l’arrivo dei Savoia.
Bisognerà superare tutto il primo periodo unitario fino al primo quarto di secolo del ‘900, caratterizzato da un generale impoverimento culturale e sociale della Sicilia (Nicosia compresa) e da una costante emorragia demografica dovuta all’emigrazione oltreoceano, per avere altri magistrati di origine nicosiana. E’ la volta di Gioacchino Falcidia e Renato Graffagnini ragazzi del ’99, già giovani ufficiali nel primo conflitto mondiale, ad entrare in magistratura all’indomani della marcia su Roma, dopo aver vinto entrambi lo stesso concorso nel maggio del 1923. Il primo, figlio del maestro elementare Mariano, sarà prima Pretore a Pontedera per poi finire la carriera come Consigliere di Cassazione a Roma; il secondo, figlio del Notaio Nicolò, è per lunghi anni Pretore a Pisa ma anche giudice relatore militare a La Spezia. Le carriere dei due vedranno il passaggio tra due visioni giuridiche diverse, quelle del Regno d’Italia e quelle della Repubblica italiana.
Anche la carriera del più importante magistrato di cui Nicosia si possa vantare di aver dato i natali, a mio modo di vedere, Vittorio Veutro, classe 1916, è caratterizzata da questo cambiamento paradigmatico di ordinamento giudiziario. Il figlio del veterinario Giuseppe e di Rosa Barbato, sorella dello storico Angelo, da uditore giudiziario militare in Libia nel 1939, prigioniero in Africa Settentrionale e poi in Sicilia, è Giudice relatore presso la sezione del Tribunale militare di Guerra di Nicosia; dal 1942 sarà Pubblico Ministero in vari Tribunali militari d’Italia. Nel dopoguerra, rappresenterà la pubblica accusa nei più importanti procedimenti penali a carico di gerarchi del Führer e delle stragi naziste perpetrate all’indomani dell’armistizio: il più famoso è il processo al colonnello delle SS, Kappler (Fosse Ardeatine). Con la soppressione del Tribunale Supremo Militare, da lui presieduto fin dal 1978, assume, nel 1981, l'Ufficio di Procuratore Generale Militare presso la Corte di Cassazione. Padre del “nuovo” Diritto militare, autore del Manuale di diritto e di procedura penale militare su cui si sono formate generazioni di magistrati militari in Italia e all’estero.
Tra i tutori della “iustitiam” nicosiani è bene non dimenticare che il sacrificio dell’emigrazione oltreoceano di migliaia di nostri concittadini, darà la possibilità al figlio di un ciabattino nicosiano, Ferdinand Pecora, di divenire un importante magistrato che, negli anni ’30 del XX secolo, da vice procuratore della Corte distrettuale di New York assurgerà alla carica di Giudice della Corte Suprema dello Stato di New York fino ad essere, su nomina del presidente Roosevelt, a capo della commissione d’inchiesta sulla crisi di Wall Street nel 1929 la famosa, per gli americani, “Pecora Commission”.
Nella seconda metà del ‘900 altri due concittadini, Giovanni Alessi e Antonino (detto Nenè) Rizzo, entrano in magistratura. Il primo, nato nel 1919, sarà Giudice nel 1948 e nel 1954 presterà servizio presso il Tribunale di Nicosia; il secondo, classe 1929, entra in magistratura nel 1960, sarà al Tribunale di Nicosia e poi a Catania con l’Ufficio di Sostituto Procuratore generale della Repubblica, con un parentesi politica, unico tra tutti, nel Parlamento italiano da Senatore nel 1976.
La generazione successiva ai Rizzo e agli Alessi, ha oggi un’importante rappresentante nella persona della dott.ssa Maria Carmela Giannazzo, attuale Presidente di Sezione nella Corte d’Appello di Caltanissetta, in magistratura dagli anni ‘80.
Questa numerosa schiera di uomini e donne, moderni “Magistratus” di origini nicosiane, si arricchisce oggi di un altro componente. Da pochi giorni il giovane avvocato Ettore Timpanaro (foto), già probo studioso del diritto, è risultato vincitore dell’ultimo concorso bandito dal Ministero classificandosi al primo posto fra tutti i quattrocento candidati che hanno superato le prove concorsuali. Se questa è la premessa sarà cosa certa che la “Giustizia” stia accogliendo tra le sue braccia un suo degno difensore. Egli è “figlio d’arte”: il padre, Salvatore, è un principe del foro, un avvocato dotto e sapiente che calpesta da decenni la “polvere” delle aule dei Tribunali ed il cui alto esempio professionale sarà stato certamente instillato, come deve essere, dal genitore al proprio figlio.
Il mio augurio di “Buon Lavoro” lo inoltro direttamente, se leggerà questo post, al Dottor Ettore Timpanaro, accompagnandolo con un pregevole passo di Seneca che può leggersi nelle -Lettere a Lucillo- : “…non puoi trovare nulla di più giusto della giustizia, di più vero della verità, di più moderato della moderazione…”.










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