FRANCESCO FISCELLA. FELICE DI FIGLIA, IL CANDIDO DI NICOSIA CHE HA SCELTO LA VERITA`.
- Germinal Controvoce
- 11 lug
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Felice Di Figlia, il Candido di Nicosia che ha scelto la verità
In una Sicilia che spesso preferisce il silenzio alla verità, la figura del professor Felice Di Figlia si delinea sicuramente come quella di un uomo che ha scelto di non voltarsi dall’altra parte. Come consigliere comunale e cittadino attivo, ha condotto battaglie civili contro la corruzione politica e giudiziaria, denunciando anomalie e depistaggi legati alla strage di via D’Amelio e al ruolo dell’ex procuratore Giovanni Tinebra. Le sue parole, per anni ignorate, oggi risuonano con forza alla luce delle recenti indagini e delle perquisizioni che coinvolgono l’ex magistrato.
Di Figlia ha pagato un prezzo altissimo per la sua coerenza: l’isolamento sociale, la derisione, l’indifferenza. Eppure non ha mai smesso di credere nella forza della verità. In un’intervista, ha dichiarato: “La verità non è un’opinione. È un dovere civile. E chi la dice, spesso, viene lasciato solo.”
Questa solitudine lo avvicina profondamente al Candido Munafò di Leonardo Sciascia, protagonista del romanzo Candido, ovvero un sogno fatto in Sicilia. Anche lui, come Di Figlia, è un uomo che dice la verità senza compromessi, e per questo viene respinto da tutte le istituzioni: la famiglia, la Chiesa, il Partito Comunista.
Sciascia, con il suo stile lucido e amaro, scrive: “Non che la verità non sia bella: ma a volte fa tanto di quel danno che il tacerla non è colpa ma merito.” (Candido, p. 57)
Candido e Di Figlia sono due voci fuori dal coro, due uomini che non si piegano alle logiche del potere. Entrambi vengono definiti dei folli visionari dalla società che non tollera la trasparenza. Candido viene espulso dal PCI, Di Figlia ignorato dalle istituzioni. Ma entrambi continuano a credere che la verità sia un atto d’amore verso la propria terra, anche quando questa terra li respinge.
E Di Figlia, con la sua testimonianza, ci mostra che la coerenza è una forma di resistenza. Il suo percorso, come quello di Candido, è un sogno infranto, ma anche un monito: in Sicilia, dire la verità è ancora un atto rivoluzionario.
E forse la riflessione più amara, ma necessaria, è che la società tende sempre ad abbandonare chi prova a riscattarla. Gli uomini che lottano per liberare la collettività dalle catene dell'omertà, del clientelismo e della complicità subdola con il potere, vengono puntualmente lasciati soli. Perché la verità, per quanto necessaria, fa paura. Spoglia i miti rassicuranti, incrina le certezze, mette a nudo la responsabilità di tutti. E così, chi parla diventa colpevole, chi denuncia diventa nemico, chi sogna una società giusta diventa bersaglio.
Ma proprio per questo, figure come Felice Di Figlia – e come il Candido di Sciascia – restano pietre d'inciampo per le coscienze. Memorie vive che ci ricordano quanto sia difficile, ma necessario, continuare a sognare la verità per costruire una società più giusta.
Anche in Sicilia.










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